CRITICS

Segnate da un espressivo linguaggio “figurativo” le immagini di Deborah Coli che si manifestano autonome e personali, nello spazio della pittura materica e nel dinamico gioco dell’ombra e bagliori della luce, pervengono ad interpretare la tensione romantica della “lunga attesa”. Nella visione del tempo irreale in allusive rivelazioni poetiche invocano la singolare sintesi delle esperienze artistiche e delle interpretazioni della vita e fanno sentire, incessantemente riproposta nella memoria, “la condizione della melanconia” che si fa spazio sul dominio del tempo odierno, segnato dall’ effimero artificiale e dallo sguardo economico. Con tale potenziale, simbolico e romantico, annessa al dominio visivo e alla relazione con l’inconscio, la forma-figura sulla lunga via della memoria restituisce le sue stimolanti percezioni e, sensibilmente nascoste nell’ ombra-colore, con l’intangibile seduzione si rende palese il rapporto tra l’artista e la sua arte. Nell ’espressione pittorica e nella visibilità della materia direttamente segnata col pennello, la forma-colore negli impasti e tra gli strati e le velature si mostra alterata e deformata e così sottratta agli stili antichi, nella trama cromatica modulata dalla luce provoca suggestioni impressionistiche: con l’ulteriore prova che le opere di Coli possono dirsi astrattamente collegate al sogno.
Non proprio surreale ma radicalmentenell’area neo-simbolista, evocatrice di passioni perdute e del disagio esistenziale, la fisica trasparenza della figura-nudo vista nelle consistenze del colore-materia fa sentire una ritrovata sensazione di innocenza e con la lettura plurale generata da tali significati si annuncia il tema dell’assenza che può dirsi anche “astrazione”.
Generativa di livelli poetici identitari e non proprio “anacronistici” da cui è certamente distanziata, la figura, innestata al pensiero pittorico e alla rappresentazione iconografica di livello poetico, svela il disagio esistenziale della donna che intende rinunciare al rumore del mondo. Collocate nel tempo e nell’ignoto le illusorie e provocatorie “pose” della seduzione mostrate e nascoste nella sostanza pittorica, fanno pensare al valore allusivo del turbamento e dell’intimità. E’ lì che si rivela la complicazione formale del suo linguaggio la cui voce interna, restituendo il suono di uno stile metafisico associato alle mitiche citazioni novecentesche, é ciò che può essere confermato nella poetica di Klee… rendere “visibile l’immaginario”.
Percepite attraverso il velo della memoriale immagini “kafchiane rispondono a qualcosa che sta al di là di ciò che appare e nel tempo “altro” non lasciano indifferenti su ciò che realmente può essere definito bello ed eterno. Perciò, connaturata alla soggettiva misura artistica, la figura femminile tra abbandoni e ascesi con un senso di immobilità metafisica giunge ad una qualche forma di sublimazione e, dando peso al silenzio crea sensazioni sconosciute come “la felicità che è quella già avuta e che portiamo in noi”: (Calvino). […] Dino del Vecchio

Il segno sempre accorto, la pennellata mossa tra luci ed ombre e la tensione pittorica, mantenuti tenacemente vivi per rendere la levità del colore ed accendere il gioco dei meandri aggraziati da armoniche cadenze, sono alcune delle caratteristiche fondamentali delle opere di Deborah Coli. Espresso in altri termini la specificità della sua pittura è data da quella capacità di saper offrire ad ogni approccio inattese suggestioni ed emozioni derivate da una freschezza e libertà d’insieme insolite, aspetti a loro volta legati da una singolare versatilità di un racconto formale partecipato ed autentico, attento anche a problematiche esistenziali. Il diffuso luminismo, le svaporate ed impalpabili sensibilizzazioni delle forme favoriscono però una irrealtà figurale impostata sulla polverizzazione delle cromie conseguenti al trascolorare della luce che avvolge i corpi, i quali acquistano una sericità impalpabile, languida, come se il colore dovesse liquefarsi in un indefinibile momento estetico di indicibile dolcezza. Momenti, quelli fermati dalla Coli sulle tele, senza riserve né esitazioni che lei riesce ad interpretare con estrema sensibilità in una continuità emotiva assunta come inedita visione e comprensione di sentimenti insorgenti dall’opera stessa.
Come dire che si tratta di un mutamento di lettura della vicenda dell’essere che, in alcuni casi, ricostituisce la figura nella sua dimensione corporea , in altri affiora e si aggrava della coscienza di tutta la tragedia esistenziale che interrompe e lacera la linea morbida dei torsi e delle figure.
Nonostante ciò l’artista non rinuncia a significare l’identità e l’unità dell’essere individuandola proprio in quel nucleo esistenziale che consente una continuità. Di lì, da quello spazio emotivo e culturale riemerge la figura nel concentrarsi leggero di cromie atmosferiche luminescenti, quali forme della memoria, per restituire alla percezione una dimensione di armonia umana e di bellezza. Vitaliano Angelini

Coinvolte da una luce imposta come scelta di un linguaggio espressivo, le opere di Deborah appaiono avvolte da una profonda condizione che privilegia i sentimenti, le affezioni, le perdite dell’animo umano. Le scelte pittoriche appaiono precise, intente a creare un linguaggio di introspezione psichica che investe il dinamismo dell’ evanescenza, nella condizione spirituale delle proprie figurazioni.
Deborah privilegia i toni chiari attraversati da una pennellata lieve e luminosa, che si posa delineando con delicatezza l’incidere determinato nell’ esprimere il sentimento e l’inquietudine.
Le gradazioni pittoriche dell’artista appaiono velate da una luce onirica che si evolve nel colore per dissolvere i volumi e la solidità dei corpi nel loro contesto reale.
Deborah nelle sue opere ama definire la fragilità del vivere nel proprio mutamento che imprigiona illusioni, fluttuando nello sgomento di una metamorfosi congelata da abbandoni e indefinite emozioni. Si avverte in questo senso una concezione neo-romantica.
L’evanescenza e il dissolversi, tende a rendere incompiute le figure, spesso coinvolte da un senso surreale, che rivolge il proprio senso verso il sentire dell’anima. Ives Celli

Nell’ anima delle donne Poesia e suggestioni della dolcezza femminile: sono queste le prime sensazioni che cogliamo, osservando i quadri di Deborah Coli. La sua è una pittura connotata da un’attenta valenza psicologica e dallo studio approfondito della figura umana. L’origine del suo fare pittorico è rintracciabile soprattutto nel classicismo puro di Antonio Canova, sia per l’armonia, sia per l’equilibrio della composizione nel suo insieme. Nel tempo, la pittura della Coli si è evoluta in caratterizzazioni del tutto personali. Gli stati d’animo, i pensieri, l’universo interiore delle figure femminili da lei proposte, traspaiono dalla postura, che troneggia su sfondi appositamente indefiniti, quasi nebulosi. Velature che ricordano le trasparenze del “chiarismo” di scuola veneziana. Le donne raffigurate sembrano narrare una storia, la propria storia, le emozioni che restano comunque uniche ed irripetibili. Le fanciulle emergono da un sogno, da una realtà-irreale e si stagliano nette in una sorta di atarassia contemplativa. Nulla della realtà circostante pare turbarle, ma è dentro la realtà soggettiva, dentro una dimensione personale che esse vivono e sentono: è la loro ESSENZA ad emergere, ad andare al di là del contingente verso una dimensione spirituale (in senso laico) ed ideale. A mio avviso questi quadri emanano un qualcosa di sospeso, d’impalpabile, un’atmosfera carica di lirismo e tesa alla Bellezza assoluta. Nelle immagini, tutte delicate, il disegno, inizialmente preciso, è restituito da una pittura piuttosto materica e si sta avviando a soluzioni indefinite: i contorni del corpo iniziano ad aprirsi, a dissolversi fino a fondersi con lo spazio, sempre molto luminoso. Corpo ed ambiente diventano un tutt’uno armonioso e carico di luce. Dunque nelle figure femminili di Deborah Coli, così limpide e raffinate, rese in una monocromia davvero originale, appare evidente il giusto equilibrio tra luce e colore, risultato di uno studio e di un’approfondita ricerca sulla luminosità. Ed è appunto l’effetto luminoso, la resa dei chiaroscuri a conferire alle figure volume e profondità. Il colore, elegante, sapientemente dosato, scandisce gli spazi entro la superficie della tela e nel contempo sottolinea i ritmi interiori, è “nell’anima delle donne. In conclusione, direi che, tramite il disegno, puro e pulito, condotto in una diamantina linearità e le superfici, gli sfondi di rarefatta politezza, la raffinata pittura della Coli ci riporta alla dimensione estetica dell’essere e dell’esistere. Piera Paola Piazza

La pittura di Deborah Coli si ispira alla corrente surrealista per la sua componente irrazionale e per il palese riferimento al mondo dell’ inconscio.
Come afferma il critico Argan, nell’ inconscio si pensa per immagini e poichè l’ arte fabbrica immagini, è il mezzo più adatto per portare alla superficie i contenuti più profondi dell’ interiorità.
Il lavoro della Coli non è semplice rappresentazione, ma comunicazione di uno stato interiore che rappresenta l’ altra faccia della lucidità razionale, quella dell’ immaginazione.
Nei suoi dipinti i corpi premono sulla materia, fino a dissolversi nello spazio circostante.
La luce diventa protagonista, con l’ effetto di ottenere una tridimensionalità quasi scultorea, tra la realta e il sogno.
La Coli dipinge direttamente sulla tela, affidandosi completamente all’ impulso e innescando un processo liberatorio al fine di cercare un giusto equilibrio tra luce e colore.
Mentre i suoi primi lavori, come i ritratti o le figure di donne, rientravano in una figurazione più realista, accostabile per certi versi al “periodo blu” di Picasso, ora nella sua ricerca prendono sempre più corpo forme che emergono da una “sur-realtà”, corpi che rivelano una forte energia interiore che la pittrice riscopre scavando nel profondo del suo animo. Leonardo Nobili

E se diventi farfalla nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali.” Alda Merini. Il profilo artistico di Deborah Coli si è delineato sotto la sapiente guida del pittore fabrianese Aurelio Ceccarelli, alla cui scuola Deborah ha iniziato il suo percorso, perfezionando la stesura cromatica, il modo di costruire la forma, l’apprendimento di varie tecniche, fino a far emergere in lei l’interesse e l’amore per l’arte. Quel percorso, oggi, Deborah Coli lo prosegue con disinvoltura e nella mostra Metamorphosis è evidente l’incontro dell’artista con la complessità dell’universo femminile. Nelle opere, rappresentate da figure composte e adagiate tra una dimensione onirica e reale, troviamo lo strumento per cogliere una ricerca, dal contenuto autobiografico, sempre più allusiva a una metamorfosi che l’artista ha consapevolmente accettato, ed è proprio a questo spirito che rispondono le sue opere. Anche Giorgio Bonomi nella mostra Corpi Seducenti dice di lei: “Deborah Coli presenta immagini sfumate di corpi di giovani donne, spesso seduttivamente velati e pieni di suggestioni”. Donne protagoniste della tela, accolgono e svelano qualche segreto, qualche recondito desiderio, quello che solo l’artista conosce, offrendosi all’arte come a un rifugio ideale, che aspira a un cambiamento, alla voglia di creare una nuova realtà lontana da quella contingente. L’artista consegna alle opere le sue emozioni, le traduce con l’uso di colori che sembrano liquidi, per spiritualizzare le forme; corpi che nascono per essere guardati, ascoltati, sono adagiati, in una classicità evocata, con la leggerezza di un segno lieve e di velature delicate. Figure collocate alla ricerca della luce, sono apparentemente condotte a una vita silente, data dall’impiego di accordi coloristici delicati e dall’emergere di impasti materici, declamati sottovoce, a sottolineare un equilibrio di segni e forme; ma è la luce, nella visione dell’artista, che accarezza tutte le malinconie e le emozioni. Le sue donne racchiudono in sé un loro profondo segreto lirico; vivono in uno spazio senza tempo, attimi senza fine, momenti dedicati e riservati non solo alla pura contemplazione ma sono arricchite da un’interiorità da scoprire e pretendono, da una metamorfosi, spazio e vita. Simona Zava

visioni e previsioni al femminile. Deborah Coli, attraverso la sua preziosa ricerca artistica, mostra emozioni cromatiche e simboli legati alla corporeità che accendono nel fruitore dell’opera sua la capacità di ripercorrere quel cammino, fatto di visioni al femminile e di previsioni, con una idea ancora tutta classica di bellezza, che fa dell’opera d’arte uno strumento di evocazione e non di provocazione. È certo che il soggetto preferito dall’artista di Pesaro ha una funzione decisamente simbolica, come emblema della vita, della bellezza, finanche dell’eternità, perché: “Bellezza è l’eternità che si contempla in uno specchio; e noi siamo l’eternità, e noi siamo lo specchio”, ci dice Gibran, la bellezza dell’eternità e l’eternità del bello, che vive tra la felicità dell’attimo ed il dolore del tutto. C’è, in talune opere, persino un senso di malinconia, forse anche per il trascorrere del tempo, in quanto “A volte siamo preda di una sensazione di tristezza che non riusciamo a controllare. Intuiamo che l’istante magico di quel giorno è passato e noi non abbiamo fatto niente. Allora la vita nasconde la sua magia e la sua arte.”, sottolinea Paulo Coelho. D’altronde, con le parole di Gabriele D’Annunzio, Un’oscura tristezza è in fondo a tutte le felicità umane,
come alla foce di tutti i fiumi è l’acqua amara. L’artista sa tutto questo, utilizza talune immagini per ricordarlo innanzitutto a sé stesso e poi agli altri, vive questo tempo all’insegna della ricerca, perché una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta. Massimo Pasqualone